giovedì, giugno 30, 2005

Musei USA e Little Italy

Ciao,procede la mia immersione nella cultura americana. Ora sono coinvolto dalla voce straordinaria di Janis Joplin, che mi ha accolto anche domenica sera, al ritorno da un'altra capatina in giornata a New York, approfittando del fatto che un'amica milanese si trovava li' in vacanza. Confermo, NY e' citta' per ogni gusto. Sono sceso dal bus a Times Square, e si stava organizzando la festa del solstizio d'estate, con mega seduta (e' il caso di dirlo) di Yoga nella zona piu' incasinata della citta'...L'appuntamento con la milanese era davanti alla Frick Collection, a mezzogiorno. Per arrivarci ho cautamente fatto visita ad ogni negozio scrauso della fifth avenue, primo tra tutti l'NBA store (non potete immaginare, come se a Roma ci fosse un calcio store con tutte le magliette dei migliori calciatori di ogni squadra, anche firmate, e tutto il merchandise di cappellini, asciugamani, etc.), e i suoi due densi piani.Negli USA il sistema museale e' diviso in musei pubblici e fondazioni private. I musei pubblici non ricevono forti sovvenzioni statali come in Italia. Il costo del biglietto lievita e questo limita l'accesso ai poco abbienti. Il biglietto per il MOMA, di cui vi ho parlato qualche mail fa, costa 20 dollari, ridotti a 12. Le fondazioni private, in quanto tali, hanno invece piu' soldi, e i biglietti costano di meno. Alla Frick collection l'intero costa 10 dollari, ma ci sono all'interno tre Vermeer (su 32 al mondo) e altri capolavori da Tiziano a Degas, passando dal piu' famoso autoritratto di Rembrandt. Non vorrei commentare il fatto che privati possano possedere tale patrimonio artistico (per fortuna alcuni di essi lo rendono pubblico, come appunto Frick, Phillips e Barnes, ma quanti non lo fanno?)Fondazioni e musei pubblici hanno un sistema per cui se tu paghi un tot di dollari (diciamo tra 25 e 50) una volta, come se fossi un socio sostenitore, per tutta la vita avrai accesso gratuito al museo e sconti per chi viene con te. Molti americani acquistano quindi queste membership card che in pratica finanziano direttamente il museo che a loro piace.In attesa dell'apertura del Frick abbiamo fatto un giro a Central Park. Non ci sono parole per descrivere la dimensione di questo parco squadrato; la nostra meta era la terrazza e la fontana di Bethesda, immortalate da tantissimi film. Tutto attorno a questa bella area del parco c'e' un laghetto, e se vuoi puoi noleggiare una barca. C'e' pure un gondoliere (stendiamo un velo pietoso).Lasciato il parco e terminata la visita alla Frick, ci si separa e prendo la metro direzione Ponte di Brooklyn. In se' e' un grosso pontaccione, quasi due km, piuttosto stabile. Sui lati ci sono le tre corsie a direzione per le macchine, in mezzo c'e' il camminatoio per i pedoni. A meta' del ponte la vista sulle due zone di grattacieli di NY e' gradevole. I grattacieli di downtown, dove si trova la city finanziaria e si trovavano le twin towers, poi una zona di edifici piu' bassi e poi i grattacieli che dall'Empire portano fino a Central Park. Se si guarda bene, a sinistra della city si intravede la statua della liberta', quasi minuscola rispetto al panorama di cemento, metallo e vetro dell'isola.Tornato all'inizio del ponte ho ancora tre ore da spendere, e decido di arrivare a piedi a Chinatown e Little Italy, un km in zona tranquilla, almeno fino a quando iniziano i negozi di chincaglieria cinese (dagli occhiali alle vetrerie, alla frutta e al cibo). Un poliziotto mi ha consigliato di andare a Mulberry St. e infatti li' e' il centro della Little Italy storica, pieno di ristoranti, e scusate tanto, mi compro un mega cannolo e lo giustizio sul posto (2.5 dollari, ma ben spesi). Trovo una panchina per proteggermi dalla folla affamata di americani che gia' alle quattro di pomeriggio riempie i ristorantini. E' proprio vicino alla straripante pizzeria Lombardi (che vanta tra i propri clienti anche Lou Reed). Seduto leggo alcune note della guida city book del corriere. Little Italy ha una storia di immigrazione che inizia ancora prima del 1900, ed ha un picco nella prima meta' del xx secolo, quando in 17 edifici della zona vivono 40 mila nostri compaesani, devastati dalla poverta' e dalla tubercolosi che in situazioni di sovraffollamento ovviamente si propaga facilmente. Alzo gli occhi e osservo queste case fatiscenti (ne vedete una nella foto che allego);



mi chiedo come abbiano potuto ospitare cosi' tanta gente in una striscia di citta' cosi' piccola. Eppure e' stato cosi', e il paragone con alcune vie di Torino e' immediato (Via Berthollet, Via Cottolengo, Corso Giulio, Via Saluzzo). Non me ne dimenticavo prima, a maggiore ragione non lo dimentichero' ora.Adesso a Little Italy vivono, in un fazzoletto di una decina di strade, solo 5000 italoamericani, e piano piano China Town la sta inghiottendo.Lascio Little Italy, salgo sul metro direzione Palazzo dell'ONU. Ci arrivo verso le cinque e mezza, il sole lo ha sorpassato e la facciata e' in ombra, ma e' imponente e riflette l'intera sagoma del Chrysler Building (il palazzo avveniristico su cui si arrampica King Kong). Stremato mi dirigo al Rockefeller center, salgo sul bus e divoro la pizza comprata al Caffe' Palermo (che buona, piccantina, col pomodoro e la mozzarella). Il film (Under the tuscany sun, 2003, con Diane Lane e Raoul Bova, vergogna a loro) che proiettano sul bus al ritorno, per mia sfortuna e' un concentrato di luoghi comuni americani sull'Italia e i maschi italiani, con una svampita che compra una villa scassata in Toscana e poi alla fine si integra perfettamente nella zona e fa da mangiare per tutti. La mia vicina quarantenne ovviamente piange copiosamente tanto il film e' commovente. Tremendo...

martedì, giugno 21, 2005

Cibo e co.

Cibo e co.
Non ci consideriamo troppo superiori agli americani in fatto di cibo! Provate a cucinare bene un hamburger da quattro etti e vi renderete conto che il barbecue o comunque cucinare la carne non sono cosi' semplici.E' comunque vero che gli americani danno un altro valore al cibo e al momento del pasto in genere. A loro non viene un infarto se la pasta e' scotta, o si raffredda, o viene mischiata con altri tipi di pasta. Se il sugo c'e' bene, se no amen, e cerco di spiegarmelo anche con il fatto che l'americano mangia praticamente in continuazione. Ha tre pasti convenzionali (colazione, pranzo da mezzogiorno e cena dalle sei), pero' ama inframmezzare spuntini con ogni genere di cibo, dolce o salato, mischiato con bevande sempre ghiacciate (le non alcoliche si chiamano generalmente soda, come ad esempio coca, fanta e pepsi, ma anche the freddo). Mangia ovunque, spesso per strada, sul posto di lavoro, davanti alla tv (che non e' in cucina)...L'americano si emoziona per i bagels (ciambelle dolci o salate aperte in orizzontale per essere farcite di crema di formaggio philadelphia), mette il pane in frigo e lo usa per una settimana, divora zuppe di pollo o con funghi e zucchini, va matto per le bistecche (che pero' pochi si possono permettere visto che una cena ad una steak house costa a persona come due paia di levi's). Fa la coda davanti ai negozi Subway, super di moda: si vendono panini giganti tipo baguette, lunghi fino ad un metro e farciti di ogni delizia fredda, che poi vengono messi in scatolini di cartone con manico lunghi anch'essi un metro e portati a casa. Se si vuole organizzare un party a base di cibo subway si puo' spendere anche 90 dollari, ed esistono molte famiglie che il sabato sera o la domenica a pranzo arrivano a casa con quei cartoncini.Il pezzo forte resta comunque l'hamburger (vi chiederanno se lo volete poco cotto, cotto o well done) con il quale la fantasia del cuoco americano si libera in un crescendo di accostamenti con il formaggio cheddar o blue (specie di gorgonzola), o swiss (gruviera) e magari il provolone. Assieme troverete ogni sorta di salse, che mischiano pomodoro, mayonese e aceto, oltre allo yogurth e salsine piccanti varie. I piu' snob (come me) sceglieranno il bacon burger, comprensivo di fette di pancetta croccanti. L'hamburger viene servito con le posate. Onestamente io lo mangio con le mani a mo di panino, ma molti lo separano dal pane e lo mangiano come fosse appunto solo un hamburger. Il contorno di questo piatto comprende patatine chips, patatine fritte, patatine messicane, cetrioli e lattuga.

mercoledì, giugno 15, 2005

Sesta mailona (Mall, automobili e bus nel Maryland)

Questo we non sono andato via, ho preso fiato, ed ho girato per Baltimora.In particolare ho rivisitato il Mall di Towson. Un Mall e' un centro commerciale di dimensioni americane, ma questo qua non e' mostruoso. Calcolate 1.5-2 volte le Gru, con ai lati due enormi magazzini di abbigliamento disposti su quattro piani. Io sono cliente "affezionato" di uno di questi, Hecht's. Qui ho trovato jeans levi's (pronuncia livais) 501 a 30 $ (25 euro), 505 a 20 $, timberland da vela a 59 $, nike da basket a 35 $, e ogni sorta di pantaloni dockers: ne ho presi tre, uno di lino (40 $), uno taglio classico (35 $, a Torino costa circa 80 euro, ma forse mi sbaglio al ribasso) e un paio di shorts (17 $ in saldo). Non si tratta di un negozio tipo bonpat; e' che qua il vestiario, come mi avevano detto, costa pochissimo. Uscito da quel paradiso, per non farmi spolpare fino all'osso, ho sgambettato per ore (e chi mi conosce sa che odio fare shopping, ma questo e' il paese del bengodi!) tra le camminate del centro commerciale, e poi mi sono arreso all'idea di prendere il bus per andare in centro (che dista 5-6 miglia). I bus qua funzionano come in un paese terzomondista. Ti siedi e aspetti (tanto, mezz'ora se va bene). Poi sali, l'autista ti saluta e ti chiede come stai (non sto scherzando, lo fanno tutti qua, anche i netturbini, l'importante e' grugnirgli qualcosa per non essere maleducati e tutti sono contenti). I bus di Balto sono popolati, come vi dicevo gia', da neri e latini, qualche raro bianco. Il caso ha voluto che io abbia preso l'8, famigerato per fare il giro di ogni ghetto nero del nord di Balto. Quindi ho incontrato il meglio, ma devo dire che ancora nessuno mi ha provocato. Parlottano tra loro in quello slang nero che e' quasi un dialetto, con intercalari quali "man", "ya 'now" e altri che non colgo e che comunque loro usano a velocita' altissime. Sono piuttosto sorridenti, tranne quelli che devono fare i duri, quelli con la cuffia in testa come nei video dei rapper per intenderci, o con il medaglione al collo che arriva quasi alla cintura. Hanno il cellulare e l'abbonamento del bus, ma poi se cerchi sotto sotto, parlando con i colleghi dell'Istituto o con altre persone si scoprono cose che in Italia non arrivano.Il 60% della popolazione carceraria americana e' nero. A fronte di una popolazione nera di 38.7 milioni di abitanti (3.6 nella sola NYC), equivalenti ad un 13% abbondante della popolazione americana. 1 milione di questi ha un diploma superiore alla laurea. Guadagnano in media 30.000 dollari all'anno, una miseria per questo paese.Negli USA l'assicurazione sanitaria e' praticamente obbligatoria e costa in media ad una famiglia di 4 persone quasi 9.000 dollari l'anno. Quindi non tutti riescono ad avere adeguata copertura, che alle volte e' compresa nel contratto di lavoro e a volte no. Chi non lavora ovviamente o e' ricco o e' sotto la soglia di poverta' (30% delle famiglie di Balto sono in questa situazione). Allora ci si arrabatta, generalmente con la droga, visto che Baltimora e' un porto del fiume Chesapeake e quindi e' frastagliatissima e adatta a ricevere e smistare carichi provenienti dall'acqua. I bus sono guidati tutti da neri (in un mese non ho visto un bianco guidarli). Collegano il centro con ogni zona della citta', ma con orari che gridano vendetta. In questo modo, si dice, chi vive nel ghetto resta nel ghetto. E se resti nel ghetto lavoro non ne trovi. E se non trovi lavoro...Particolare per farvi sorridere un po': la popolazione zarra americana e' pressoche' composta da... neri e latini. Confermo che quando si sente una macchina (che non tanti neri si possono permettere) con i bassi pompatissimi, e' di proprieta' di uno o una nera. Devo ammettere che le macchine dei giovani neri sono meravigliose. Generalmente Lincoln, Chevrolet, Ford degli anni 60-70, scassatissime, ma con megastereo, si intende. Sedili in pelle sforacchiata tirati indietro e reclinatissimi, che non so come vedano la strada, finestrini aperti per condividere con i passanti i gusti musicali, colori improbabili. Un vero inno al vintage. Chapeau!Ultimo particolare che voglio fornirvi e' che i neri sono sempre disponibilissimi, chiacchierini, allegri, ti aiutano. Sono stato fermato da almeno dieci neri perche' vado in giro con la maglia da rugby del Sud Africa. L'ultimo era alla fermata dell'11 sabato. Era al cellulare e mi ha visto. Ha detto "hold on" (stai in linea) al tipo con cui parlava ed ha chiacchierato con me due minuti buoni sulla mia maglia e le sue origini. Poi mi ha salutato e ha ripreso a parlare al cellulare: incredibile a dirsi, l'altro era ancora all'altro capo del telefono e si e' fatto spiegare per filo e per segno cosa fosse successo, poi mi sono allontanato per evitare nuovi bottoni...

sabato, giugno 04, 2005

Quinta mailona (Memorial day e NYC)

Week end lungo per me questa volta. Il 30 maggio e' infatti Memorial Day, il giorno in cui negli USA si ricordano le vittime delle guerre che hanno visto coinvolto il popolo statunitense. Tutti ne approfittano per capatine fuori citta' o per andare al cinema, altrimenti ci sono ovunque manifestazioni e a Baltimora i fuochi d'artificio. Io ne ho approfittato sabato per andare in giornata a New York, che dista da Balto circa trecento chilometri. Sveglia alle 6, partenza alle 7.15 e arrivo a NY alle 10. Prima di entrare nel Lincoln Tunnel che collega la terra ferma a Manhattan si inizia ad intravedere lo spettacolo di grattacieli di Uptown (dove ci sono i famosi Empire State e Daemon Chrysler Building, il primo alto 380 metri e il secondo famoso perche' ci si arrampicava sopra un famoso scimmione troppo cresciuto), e il non meno impressionante gruppo di superedifici di Downtown (dove si trovavano le torri gemelle). Prima fermata del bus, Times Square, che di mattina presto e' abbastanza popolata, ma le luci della bella giornata e le luci dei mille schermi non vanno d'accordo: probabilmente e' fenomenale vedere questo spiazzo di notte, anche se gia' verso le quattro qua si riversano tante persone quante a Natale in Piazza Castello moltiplicato dieci. Ho poi preso la quinta avenue fino all'Empire, ma la coda per salire era gia' lunghissima, e allora sono andato verso il Central Park, sulla cui strada c'era una delle mie mete del giorno, il MOMA, Museum of Modern Art. Sei piani di arte e architettura moderna, e il quinto comprende probabilmente la piu' imponente collezione di capolavori d'arte moderna al mondo.Ci sono la Notte Stellata di Van Gogh, Les Demoiselles d'Avignone di Picasso, la Persistenza della Memoria di Dali', La Danse di Matisse, e poi ancora maree di Picasso, Klimt, Schiele, Klee, Warhol, Magritte, Mondrian, Braque, Cezanne, Monet, Munch, Kandinsky, Gauguin, Chagall, Miro', Ernst, e poi alcuni italiani, De Chirico, Balla, e ancora Frida Kahlo e Jasper Johns (di cui vi allego un'opera).



La lista non e' completa anche perche' il MOMA dopo un po' ti avvolge al punto da soddisfarti e lasciarti in un limbo di sogno sorridente e incredulo. E d'altronde New York in genere e' cosi'. C'e' tutto quello che puo' soddisfare tutti i gusti, nessuno e' in grado di dirsi completamente insoddisfatto da questa citta', tutti ci troveranno il meglio o quasi di quello che stanno cercando o di quello che li fa stare bene. Un esempio: ti piacciono i dinosauri? C'e' un museo in cui si trovano il teschio di un tirannosauro e vari scheletri perfettamente conservati di altri giganti, tra cui i barosauri! E se ti piace l'arte moderna, ma non contemporanea puoi trovare Vermeer o Rembrandt, Tiziano o Michelangelo. Ti piace il teatro? Il distretto dei teatri ha decine di commedie (in particolare ho visto in programmazione Billy Crystal, Denzel Washington e la Lange). Hai fame? Non ti chiedere di cosa, c'e' di tutto, dalla ciambella al tahitiano. Vuoi fare shopping? La Rinascente e' forse un bugigattolo rispetto alle centinaia di negozi anche a cinque piani solo di abbigliamento. E poi ci sono i negozi delle televisioni (MTV, ESPN, CBS, NBC) e delle squadre sportive (New York Yankees, p.e.). C'e' la seconda chiesa piu' grande del mondo, la cattedrale di San Patrizio, e ci sono tanti barboni, praticamente ad ogni angolo della strada ce n'e' almeno uno. Ho visto una scena sintomatica sulla quinta strada. Un uomo con addosso un cartellone pubblicitario sgattava in un cesto della spazzatura, a due passi dall'Empire State Building.A Central Park puoi giocare tutti gli sport che vuoi (io ho visto calcio, baseball, softball, equitazione), ma ne ho visitato solo un decimo. Per piacere personale ho preso la metropolitana, lunghissima e strapiena (8 milioni gli abitanti di NY, 20 con la zona metropolitana), e sono sceso a Chambers Street, a tre isolati da Ground Zero. L'emozione e' forte, ma e' chiaro il bisogno degli americani di ricominciare. Dove erano le torri gemelle ora funziona una stazione di treni e si sta iniziando a ricostruire. Lo spazio vuoto e' enorme, ma e' come se fosse ovattato, il silenzio e' rispettoso, nessuno urla, nemmeno gli zarri. E' come se ci fosse un sistema che attutisce i suoni. E ancora alcuni grattacieli attorno sono in ristrutturazione. C'e' solo un pezzo di ferro della struttura portante originale a ricordo, e sulle inferriate i nomi di tutte le vittime dell'11 settembre, piu' di 4 mila.Decido di tornare indietro, non trovo Wall Street, forse l'incrocio, e' vicinissima al sito del World Trade Center. Si' perche' da nessuna parte c'e' scritto Ground Zero, c'e' solo e sempre WTC, come se li' ci dovessero essere ancora le strutture e tutto quanto rappresentavano.Prendo di nuovo la metro e scendo a due isolati da Times Square, che ora e' una bolgia infernale (sono le 17). Mi dirigo al Rockefeller Center, dove saliro' sul bus un'ora abbondante dopo, stremato.In breve, rispetto a citta' meravigliose come Roma, Praga, Parigi e Venezia, ti sembra che ci sia un qualcosa in piu' In quelle citta' vai a vedere qualcosa che e' gia' accaduto secoli e secoli fa. A NY vedi qualcosa che e' storia ora o lo e' stato pochissimo tempo fa.Ah, ho volontariamente evitato di vedere anche da lontano la statua della liberta', il ponte di brooklyn, il palazzo di vetro dell'ONU, la parte est di central park con altri musei mozzafiato, harlem, chinatown e little italy.Domenica sono stato invece in centro a Baltimora. Forse per rimettere i piedi per terra. Balto ha una bella passeggiata sul porto, con mille ristorantini, negozi, l'acquario, gente che canta e suona vicino all'acqua, i water taxi. Non e' certo da buttare via, ed e' piu' rilassante di NY.